Al suo debutto, all’Edinburgh Fringe Festival del 2024, la drammaturga inglese Kelly Jones ottenne un grandissimo successo di pubblico e critica grazie a questa commedia infarcita di humor nero molto “british style”, che può rimandare ai capolavori di Joe Orton o dei Monty Phyton. La storia narra della giovane Abigail: sua mamma è morta, ma lei non può permettersi che lo sia. Morire costa caro: in Uk un semplice funerale costa più di 4000 sterline (quasi cinquemila euro) e i fiori sono un extra. Per non parlare di un dignitoso rinfresco per chi partecipa. Insomma, per permettersi il funerale di sua madre, Abigail, drammaturga di professione, deve scrivere un nuovo testo teatrale. Qualcosa che colpisca subito, che abbia successo, che sia crudo, pungente, una storia di vita nella classe operaria. Uno squarcio di realtà: insomma, per poter seppellire la madre, Abigail scriverà su di lei… E il funerale diventa così uno show. Kelly Jones parla dunque di vita e di morte, di disuguaglianza sociale e di economie, di politica e di creazione artistica, con ironia e, al tempo stesso, una amara consapevolezza della realtà. Il funerale di mia madre – the Show arriva in Italia con l’attenta traduzione di Francesca Montanino, che ha curato anche la regia assieme a Mauro Parinello, quest’ultimo in scena con Elsa Bossi e Alice Giroldini.
NOTE DI REGIA
L'incontro con questo testo è stato un colpo di fulmine, inaspettato come tutti gli incontri degni di questa definizione dovrebbero essere. Quando ci siamo imbattuti in questo titolo nel gigantesco programma dell'Edinburgh Fringe Festival (che propone ogni giorno decine di migliaia di eventi) siamo rimasti incuriositi, e siamo entrati convinti di assistere ad una stand-up comedy, magari caustica, tagliente e ironica come la buona drammaturgia britannica sa essere. Non innocua forse, ma qualcosa che restasse confinata nei binari della commedia, che giocasse con i generi senza scomodare noi spettatori. Senza scomodarci dalla nostra zona di comfort. Invece quello che abbiamo visto, raccolti a cerchio tra gli spalti del Roundabout, teatro mobile che ricorda così tanto la o di legno elisabettiana, è stato difficile da descrivere. Quello a cui abbiamo assistito è stato il più magico dei trucchi teatrali: quello di chi gioca con il realismo, per rivelarne tutta la finzione, e lasciarti alla fine spogliato di ogni pregiudizio o pretesa, in compagnia di quella verità, così vera perché si presenta diversamente in ognuno di noi, come un pugno nello stomaco, un pianto inaspettato, una risata dal cuore, pensieri che riaffiorano a giorni di distanza. Quell'esperienza di verità insomma, che può nascere solo da un sapiente gioco di finzione. Nel raccontare la storia di Abigail, Kelly Jones ci regala un testo politico, che parla di disuguaglianza sociale, di crisi economica e di precarietà. Ma ci racconta anche una storia di legami familiari, della loro fragilità, delle bugie dette a voce alta e dei segreti mai confessati. Ci parla di lutto, donandoci forse inconsapevolmente un meraviglioso vademecum per chi resta. Per chi sopravvive. Kelly Jones racconta tutto questo in un grande gioco di teatro nel teatro, dove la difficoltà della creazione artistica, quel suo 'tradire' giocoforza la vita reale, e renderla al tempo stesso più vera, è forse il senso più profondo di questo lavoro. O forse no, non solo... E allora non resta che raccontarla questa storia, affidarsi alla potenza del teatro, e alla verità dei suoi trucchi. Tutto il resto sta a voi.
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